Nel mondo di oggi, Trebbiano d'Abruzzo è diventato un argomento di grande rilevanza e interesse per un'ampia varietà di persone in tutto il mondo. Che sia per il suo impatto sulla società, per la sua influenza sulla cultura popolare o per la sua attualità, Trebbiano d'Abruzzo è un argomento che non lascia nessuno indifferente. Dagli esperti in materia al grande pubblico, tutti hanno qualcosa da dire o da imparare su Trebbiano d'Abruzzo. In questo articolo esploreremo diversi aspetti e prospettive legati a Trebbiano d'Abruzzo, con l'obiettivo di approfondire la sua importanza e comprendere meglio il suo ruolo in diversi contesti.
Trebbiano d'Abruzzo Disciplinare DOC | |
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Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Data decreto | 28 giugno 1972 |
Tipi regolamentati | |
Fonte: Disciplinare di produzione[1] |
Il Trebbiano d'Abruzzo è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Chieti, L'Aquila, Pescara e Teramo.[1]
La zona di produzione comprende l'intero territorio, o parte di esso, dei seguenti comuni:[1]
Altino, Archi, Ari, Anelli, Atessa, Bomba, Bucchianico, Canosa Sannita, Casacanditella, Casalanguida, Casalincontrada, Carpineto Sinello, Casalbordino, Casoli, Castel Frentano, Celenza sul Trigno, Chieti, Crecchio, Cupello, Fara Filiorum Petri, Filetto, Fossacesia, Francavilla al Mare, Fresagrandinaria, Frisa, Furci, Gissi, Giuliano Teatino, Guardiagrele, Lanciano, Lentella, Miglianico, Monteodorisio, Mozzagrogna, Orsogna, Ortona, Paglieta, Palmoli, Perano, Poggiofiorito, Pollutri, Ripa Teatina, Roccamontepiano, Rocca San Giovanni, San Buono, Sant'Eusanio del Sangro, San Giovanni Teatino, Santa Maria Imbaro, San Martino sulla Marrucina, San Salvo, San Vito Chietino, Scerni, Tollo, Torino di Sangro, Torrevecchia Teatina, Treglio, Vasto, Villalfonsina, Villamagna, Vacri;
Acciano, Anversa degli Abruzzi, Balsorano, Bugnara, Canistro, Capestrano, Castel di Ieri, Castelvecchio Subequo, Civita d'Antino, Civitella Roveto, Cocullo, Corfinio, Fagnano Alto, Fontecchio, Fossa, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli, Introdacqua, Molina Aterno, Morino, Ofena, Pacentro, Poggio Picenze, Pratola Peligna, Pettorano sul Gizio, Prezza, Raiano, Roccacasale, San Demetrio ne' Vestini, Sant'Eusanio Forconese, San Vincenzo Valle Roveto, Secinaro, Sulmona, Tione degli Abruzzi, Villa Sant'Angelo, Villa Santa Lucia degli Abruzzi, Vittorito.
Alanno, Bolognano, Brittoli, Bussi, Cappelle sul Tavo, Castiglione a Casauria, Catignano, Cepagatti, Città Sant'Angelo, Civitella Casanova, Civitaquana, Collecorvino, Corvara, Cugnoli, Elice, Farindola, Lettomanoppello, Loreto Aprutino, Manoppello, Montebello di Bertona, Montesilvano, Moscufo, Nocciano, Penne, Pianella, Pietranico, Picciano, Pescara, Pescosansonesco, Popoli Terme, Rosciano, San Valentino in Abruzzo Citeriore, Scafa, Serramonacesca, Spoltore, Tocco da Casauria, Torre de' Passeri, Turrivalignani, Vicoli;
Alba Adriatica, Ancarano, Atri, Basciano, Bellante, Bisenti, Campli, Canzano, Castel Castagna, Castellalto, Castiglione Messer Raimondo, Castilenti, Cellino Attanasio, Cermignano, Civitella del Tronto, Colledara, Colonnella, Controguerra, Corropoli, Giulianova, Martinsicuro, Montefino, Montorio al Vomano, Morro d'Oro, Mosciano Sant'Angelo, Nereto, Notaresco, Penna Sant'Andrea, Pineto, Roseto degli Abruzzi, Sant'Egidio alla Vibrata, Sant'Omero, Silvi, Teramo, Torano Nuovo, Tortoreto, Tossicia e Isola del Gran Sasso d'Italia.
Il vitigno Trebbiano, un pilastro dell'enologia italiana, vanta radici profonde nel passato. Le prime testimonianze della sua presenza risalgono all'epoca romana, come attestato da Plinio il Vecchio che descriveva un "Vinum trebulanum". Il nome stesso del vitigno, derivato dal latino "trebula" (casale o fattoria), suggerisce un legame stretto con la produzione vinicola locale e contadina.[2]
Nel corso dei secoli, il Trebbiano si è diffuso in molte regioni d'Italia, dalla Toscana alle Marche, dall'Abruzzo al Lazio. Autorevoli agronomi e botanici del passato, come Pier de Crescenzi e Andrea Bacci, ne hanno descritto le caratteristiche e la diffusione. Tuttavia, la sua identificazione precisa è stata a lungo oggetto di dibattito, soprattutto a causa della sua variabilità e delle numerose varietà locali che portavano lo stesso nome.[2]
In Abruzzo, il Trebbiano ha una storia particolarmente interessante e complessa. A lungo confuso con il Bombino bianco, questo vitigno è stato al centro di un'accesa discussione tra gli esperti. Nonostante le difficoltà di classificazione, il Trebbiano d'Abruzzo è diventato il vitigno base di una delle denominazioni di origine controllata più importanti della regione.[2]
Grazie a un continuo lavoro di ricerca e miglioramento delle pratiche viticole ed enologiche, il Trebbiano d'Abruzzo DOC è riuscito a conquistarsi un posto di rilievo nel panorama enologico italiano. Il disciplinare di produzione, aggiornato più volte nel corso degli anni, ha contribuito a definire le caratteristiche distintive di questo vino, rendendolo sempre più apprezzato dai consumatori.[2]
Le forme di allevamento consentite sono pergola abruzzese e spalliera semplice o doppia. È consentita l'irrigazione di soccorso.[1]
Per i vini a denominazione di origine controllata "Trebbiano d'Abruzzo" superiore e "Trebbiano d'Abruzzo" riserva non è consentito l'arricchimento.[1]
II vino "Trebbiano d'Abruzzo" che si fregia della menzione "riserva" deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento/affinamento obbligatorio non inferiore a diciotto mesi all’interno della zona di produzione delimitata nell'art.3. Il periodo di invecchiamento/affinamento decorre dal 1° novembre dell'annata di produzione delle uve.[1]
II vino Trebbiano d'Abruzzo DOC non può essere immesso al consumo prima del 1° gennaio successivo all'annata di produzione delle uve. Il vino che si fregia della menzione "superiore" non può essere immesso al consumo prima del 1° marzo dell'anno successivo a quello di produzione delle uve. Il vino che si fregia della menzione "riserva" non può essere immesso al consumo prima del 1° maggio del secondo anno successivo a quello di produzione delle uve.[1]
Può essere utilizzata la menzione "vigna" a condizione che sia seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale. Per il vino "Trebbiano d’Abruzzo" superiore e quello che si fregia della menzione "riserva" è consentito solo l'uso del tappo di sughero raso bocca.[1]
Il Trebbiano d'Abruzzo DOC è stato istituito con DPR 28 giugno 1972 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 25 agosto 1972.
Successivamente è stato modificato con:
uvaggio | Trebbiano Abruzzese e/o Trebbiano Toscano e/o Bombino bianco min 85% vitigni a bacca bianca non aromatici, idonei alla coltivazione in Abruzzo max 15% |
titolo alcolometrico minimo | 11,50% vol. |
acidità totale minima | 4,5 g/l. |
estratto secco minimo | 16,00 g/l |
resa massima di uva per ettaro | 140 q. |
resa massima di uva in vino | 70 % |
Antipasti di pesce, primi piatti di pesce, pesce al forno o alla griglia.
uvaggio | Trebbiano Abruzzese e/o Trebbiano Toscano e/o Bombino bianco min 90% vitigni a bacca bianca non aromatici, idonei alla coltivazione in Abruzzo max 10% |
titolo alcolometrico minimo | 12,00% vol. |
acidità totale minima | 4,5 g/l. |
estratto secco minimo | 18,00 g/l |
resa massima di uva per ettaro | 130 q. |
resa massima di uva in vino | 70 % |
Antipasti di pesce, primi piatti di pesce, pesce al forno o alla griglia.
uvaggio | Trebbiano Abruzzese e/o Trebbiano Toscano e/o Bombino bianco min 90% vitigni a bacca bianca non aromatici, idonei alla coltivazione in Abruzzo max 10% |
titolo alcolometrico minimo | 12,50% vol. |
acidità totale minima | 4,5 g/l. |
estratto secco minimo | 18,00 g/l |
resa massima di uva per ettaro | 120 q. |
resa massima di uva in vino | 70 % |
Antipasti di pesce, primi piatti di pesce, pesce al forno o alla griglia.