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Esafluorofosfato | |
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Nome IUPAC | |
Esafluorofosfato | |
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | PF6− |
Massa molecolare (u) | 144,96 |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 605-543-2 |
PubChem | 9886 |
SMILES | F(F)(F)(F)(F)F |
Indicazioni di sicurezza | |
Esafluorofosfato è il nome dell'anione di formula PF6−. È una specie ottaedrica, isostrutturale con le specie isoelettroniche esafluoruro di zolfo SF6 e con l'anione esafluorosilicato SiF62−. È un anione molto stabile in soluzione, anche in acqua (vedere sotto).
Viene comunemente utilizzato per precipitare sali di cationi di grosse dimensioni, sia organici che inorganici.[1]
L'anione PF6− si può preparare in soluzione acquosa per reazione tra acido fosforico e acido fluoridrico concentrato.[1]
Sali contenenti l'anione PF6− si possono preparare per reazione del pentacloruro di fosforo con alogenuri alcalini o d'ammonio in soluzione di acido fluoridrico:[2]
L'acido esafluorofosforico si può preparare per reazione diretta tra pentafluoruro di fosforo e acido fluoridrico.[3]
HPF6 è un acido di Brønsted forte e viene di solito preparato in situ subito prima dell'uso. Queste reazioni richiedono apparecchiature specifiche e particolari precauzioni per evitare i pericoli associati all'impiego di acido fluoridrico in soluzione e fluoruro di idrogeno gassoso.
L'anione PF6− è di solito molto stabile in soluzione, ma tende a decomporsi in liquidi ionici[4] rilasciando acido fluoridrico. La reazione di idrolisi per formare ioni fosfato è molto lenta anche per riscaldamento in acidi concentrati,[5] ed è ancora più lenta in condizioni basiche.[6]
È considerato un anione sostanzialmente non coordinante,[7][8][9] al pari di BF4− e ClO4−, ed è un nucleofilo debole. Per queste caratteristiche è comunemente utilizzato per precipitare sali di cationi di grosse dimensioni, sia organici che inorganici.[1] Tipicamente i sali che si ottengono sono solubili in solventi organici (specie se polari) e poco solubili in ambiente acquoso. L'esafluorofosfato di ammonio NH4PF6 è invece solubile in acqua. In presenza di cationi fortemente elettrofili l'anione PF6− può tuttavia reagire; per isolare sali di tali cationi bisogna ricorrere ad anioni ancor meno coordinanti.[10]
Ci sono vari metodi per la determinazione quantitativa dell'anione PF6−. Il cloruro di tetrafenilarsonio, Cl, è stato usato per determinare l'esafluorofosfato per via volumetrica[11] e gravimetrica.[12] Queste due metodologie si basano sulla formazione di esafluorofosfato di tetrafetilarsonio:
L'esafluorofosfato si può determinare anche per via spettrofotometrica con ferroina.[13]
Il principale utilizzo commerciale dell'esafluorofosfato è come sale di litio, LiPF6. Questo sale, assieme al dimetilcarbonato, è usato come elettrolita negli accumulatori agli ioni di litio. Questa applicazione sfrutta l'elevata solubilità degli esafluorofosfati in solventi organici e il fatto che questi sali non vengono ridotti sul catodo di metallo alcalino.[14]
L'anione PF6− è spesso usato nella sintesi di composti organometallici come controione inerte e non coordinante (un altro anione di uso comune è il tetrafluoroborato). Un modo per aggiungere PF6− è sfruttare la reazione tra esafluorofosfato d'argento AgPF6 e un sale alogenuro. La precipitazione dell'alogenuro d'argento libera l'anione PF6−. Alternativamente, dato che i sali esafluorofosfati sono di solito insolubili in acqua e solubili nei solventi organici polari, in ambiente acquoso si può utilizzare direttamente l'esafluorofosfato di ammonio NH4PF6 (che è solubile in acqua) per precipitare molti sali organici e inorganici sotto forma di esafluorofosfati. L'utilizzo diretto di NH4PF6 è vantaggioso rispetto a AgPF6 in termini di costo e quando va evitata una contaminazione con ioni metallici.
Ad esempio, la sintesi con le microonde[15] dell'esafluorofosfato di rodiocenio prevede la reazione tra ciclopentadiene e tricloruro di rodio idrato in metanolo. Con l'aggiunta di NH4PF6 il sale di rodio desiderato precipita in modo pulito dalla miscela di reazione.[16] La reazione complessiva è
In genere l'anione PF6− è considerato inerte e quindi molto utile come controione, tuttavia sono noti casi nei quali PF6− reagisce. Ad esempio il complesso di rodio (PF6)2 reagisce per riscaldamento in acetone, formando il complesso dinucleare PF6 che contiene leganti a ponte difluorofosfato.[17][18]
L'anione PF6− è di grosse dimensioni e può quindi essere utile per stabilizzare grossi cationi. Un esempio è la sintesi del composto PF6, nel quale i leganti acetonitrile proteggono il centro di rame(I) dall'ossidazione a rame(II). Questo complesso è anche labile ed è quindi un precursore adatto per sintetizzare composti di rame(I) in ambiente non acquoso,[19] anche se l'arrangiamento lineare dei leganti acetonitrile con geometria tetraedrica attorno al metallo genera un ingombro notevole.[20] L'uso di un controione grosso e non coordinante come PF6− risulta ideale per isolare il composto, che si ottiene aggiungendo acido esafluorofosforico ad una sospensione di ossido di rame(I) in acetonitrile:[19]
L'inerzia chimica e le proprietà non coordinanti di PF6− sono sfruttate per ottenere liquidi ionici. Un esempio è l'esafluorofosfato di 1-butil-3-metilimidazolio, in genere abbreviato BMIM-PF6, composto reperibile in commercio che è un liquido ionico a temperatura ambiente.[21] La presenza dell'anione PF6− contribuisce a stabilizzare il catione imidazolio. Per confronto il cloruro di 1-butil-3-metilimidazolio si può decomporre formando N-metilimidazolo e 1-clorobutano, o N-butilimidazolo e clorometano. Alcuni liquidi ionici contenenti PF6− possono però decomporsi termicamente producendo fluoruro di idrogeno gassoso.[4]