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La Piccola Scala fu un teatro d'opera di Milano, eretto alla metà del XX secolo in via Filodrammatici a fianco all'omonimo teatro maggiore. La sala, progettata da Piero Portaluppi e Marcello Zavellani Rossi,[1] fu inaugurata il 26 dicembre 1955 e rimase attiva per quasi trent'anni. Poco dopo l'intitolazione ad Arturo Toscanini, avvenuta il 16 gennaio 1982, la programmazione regolare di opere e concerti fu infatti inaspettatamente sospesa, nell'ottobre 1983, a seguito della modifica delle norme sulla sicurezza dei locali di pubblico spettacolo.[2]
Storia
In occasione dei lavori di ricostruzione del Teatro alla Scala a seguito del bombardamento della notte tra il 15 e il 16 agosto 1943, per volontà dell'allora sovrintendente Antonio Ghiringhelli fu allestita all'interno del complesso teatrale una seconda sala, avente una capienza minore rispetto a quella storica e pertanto denominata "Piccola Scala".[2]
L'accesso alla nuova sala, collocata al primo piano della costruzione e sviluppata perpendicolarmente a quella del teatro piermariniano, era da via Filodrammatici.[N 1][3] Nella stessa area era sorta nell'Ottocento la prima sede della scuola di ballo, fabbrica successivamente inglobata nell'edificio originariamente destinato ad ospitare ricevimenti e balli privati organizzati dalla famiglia arciducale durante le serate di spettacolo (il Casino Reale) e più tardi riconvertito a locali di servizio per gli artisti e per la direzione del teatro.[4]
Questo teatro "minore", inaugurato il 26 dicembre 1955[5][N 2] e idoneo ad ospitare circa seicento spettatori, fu dedicato al repertorio più antico (barocco e tardo settecentesco) e, più in generale, a tutte quelle opere che richiedevano meno spazio e impegnavano un organico ridotto.[2][6]
La sala fu dedicata ad Arturo Toscanini (che alla Piccola Scala non diresse, tuttavia, mai alcuno spettacolo) in occasione dei venticinque anni dalla scomparsa del grande direttore, il 16 gennaio 1982.[N 4][23]
A causa della drastica diminuzione della capienza da 600 a 350 spettatori, imposta dalle nuove normative sulla sicurezza introdotte a seguito dell'incendio del Cinema Statuto di Torino, e della conseguente difficoltà nel coprire le spese a fronte di un ridotto pubblico pagante, la stagione lirica fu interrotta poco dopo, nell'ottobre 1983.[24]
Negli anni immediatamente successivi, per lo meno sino al 1985, la Piccola Scala fu utilizzata per ospitare alcuni sporadici eventi.[25][26][27] La sala fu in seguito destinata a magazzino e definitivamente demolita, pur a fronte di alcune voci critiche,[N 5][28][29] per far spazio al nuovo palcoscenico del teatro maggiore in occasione dei lavori degli anni duemila. Nello spazio un tempo occupato dal ridotto della Piccola Scala fu invece collocata per alcuni anni la biglietteria serale del teatro.[30]
Descrizione
Il direttore d'orchestra Nino Sanzogno all'interno della Piccola Scala
L'ingresso, come detto, era posto sotto il porticato di via Filodrammatici, prolungato, proprio in quegli anni, a completamento del prospetto ideato da Giacomo Tazzini e rimasto incompiuto a causa dell'abbandono dei lavori di ampliamento del Casino Reale a seguito dello scoppio dei moti del 1848.[4]
Superato il ridotto, due brevi rampe di scale conducevano alla platea, fortemente inclinata, capace di circa trecentocinquanta posti. Sul fondo della sala, dalla pianta rettangolare, si aprivano due ordini di palchi, nove per ciascun livello. Al di sopra, una galleria si snodava per i tre lati della sala. Ai lati del boccascena, sopra alle porte che davano accesso alla platea, vi erano invece due palchi laterali. Le sobrie decorazioni, di gusto neoclassico, erano ispirate a quelle realizzate nel 1830 per la sala maggiore su disegno dello scenografo Alessandro Sanquirico e ne riprendevano anche i toni avorio ed oro. Le tappezzerie erano color granata, al pari di quelle installate a partire dal 1928 nel teatro principale.[3]
Il nuovo teatro disponeva di un golfo mistico e il boccascena aveva un'apertura di circa sette metri. Il palcoscenico, dall'area di circa 210 m² (~14x15 m),[2] si trovava accanto a quello del teatro storico, in modo che, eliminando tutti i fondali, da una sala si poteva vedere l'altra.[30]
^Proprio nell'ambito dei lavori di ricostruzione postbellica del teatro fu ultimato il fronte porticato di diciannove fornici, completamento ideale delle cinque arcate del Casino dei Nobili, edificate nel 1830-31, e delle altrettante costruite nel 1841, sempre su disegno di Giacomo Tazzini, quale parte di un più ambizioso progetto di ampliamento del Casino Reale (Carla Di Francesco, loc. cit.).
^La scelta di tale data non fu casuale. Infatti, proprio in quel giorno dell'anno si apriva tradizionalmente la stagione lirica del Teatro alla Scala. L'attuale consuetudine di inaugurare la stagione il 7 dicembre, giorno di Sant'Ambrogio, patrono di Milano, fu introdotta in via eccezionale nel 1940 e poi, stabilmente, dopo la ripresa postbellica, a partire dal 1951 per volere di Victor de Sabata. Nei primi centocinquant'anni anni di vita della Scala l'attività era invece sempre iniziata, come in molti altri teatri italiani, il giorno di Santo Stefano (26 dicembre) con la Stagione di Carnevale, durante la quale si rappresentavano per lo più opere serie (all'opera buffa, alla commedia e al balletto erano dedicate, dopo la Pasqua, le stagioni di Primavera, Estate, Autunno, organizzate sulla base della richiesta del pubblico e delle disponibilità degli impresari). La stagione "invernale" si concludeva alla vigilia della settimana di carnevale, durante la quale il teatro ospitava i balli e il veglione del sabato grasso.
^Nelle intenzioni del sovrintendente Ghiringhelli, ad inaugurare la nuova sala avrebbe dovuto essere una rappresentazione del Falstaff, opera che Giuseppe Verdi compose pensando, quale luogo di esecuzione ideale, proprio ad un teatro dalle dimensioni ridotte. A dirigere tale opera avrebbe dovuto essere Arturo Toscanini, l'ormai anziano direttore la cui carriera era stata inscindibilmente legata alla Scala e che non aveva più diretto alcuna opera in forma scenica dal 1937. Per la regia si era pensato ad un altro grande nome, quello di Luchino Visconti. Probabilmente a causa dei problemi di salute del direttore d'orchestra, tale produzione non vide tuttavia mai la luce (cfr. Igor Principe, loc. cit.).
^Dubbi circa l'opportunità della dedica a Toscanini della Piccola Scala furono sollevati da un altro grande direttore d'orchestra, Gianandrea Gavazzeni, il quale propose l'intitolazione della sala della "grande" Scala (cfr. Igor Principe, loc. cit.).
^Critiche furono mosse, in particolare, oltre che da alcuni rappresentanti sindacali delle maestranze tecniche del teatro, tra gli altri, dall'allora sottosegretario ai Beni culturali, Vittorio Sgarbi, e dalla ballerina Carla Fracci.
Bibliografiche
^abPiccola Scala, su Fondazione Piero Portaluppi. URL consultato il 17 febbraio 2023.
^abLa «Piccola Scala» in costruzione a Milano, La Stampa, 29 dicembre 1950: "Caratteristica principale del nuovo teatro Piccola Scala è quella di integrare la Scala e di completarla non solo architettonicamente. Sul fronte di via Filodrammatici proseguiranno i portici e si aprirà l'ingresso al nuovo teatro. Il ridotto avrà un ampio sviluppo a terreno e potrà prestarsi all'allestimento delle mostre di carattere specifico. Due brevi rampe di scale porteranno alla platea, inclinata, al primo piano, nella quale verranno installate trecentocinquanta poltrone. Nel fondo della sala sono previsti una ventina di palchi in due ordini. La capacità della Piccola Scala, grosso modo, è dunque di settecento persone, dacché si deve tener conto della galleria sovrastante i palchi di secondo ordine. Golfo mistico e palcoscenico, che avrà un'apertura di boccascena di sette metri, sono naturalmente concepiti per piccoli complessi. La decorazione si ricollega alla Scala, coi toni avorio oro e granata".
^ab Carla Di Francesco (a cura di), Il Teatro alla Scala, La magnifica fabbrica, Milano, Electa, 2005, p. 35.