Nell'articolo di oggi approfondiremo l'affascinante mondo di Storia della Slovenia, esplorando le sue diverse sfaccettature, la sua importanza nella società odierna e il suo impatto sulle nostre vite. Conosceremo la sua storia, le sue applicazioni e come si è evoluto nel tempo. Storia della Slovenia è un argomento che suscita l'interesse di molte persone, poiché la sua rilevanza abbraccia diversi ambiti, dalla scienza alla cultura popolare. Attraverso questo articolo, speriamo di offrire una visione completa di Storia della Slovenia e fornire ai nostri lettori una comprensione più profonda di questo aspetto attualmente molto significativo.
Viene qui di seguito riassunta, anche in forma cronologica, la Storia della Slovenia.
L'attuale territorio della Slovenia era originariamente abitato da popolazioni celtiche e illiriche, quando i Romani ne iniziarono la conquista intorno al 230 a.C.
Roma dominò per circa sette secoli la regione, che fu divisa fra tre provincie: Italia (Regio Venetia et Histria), Norico e Pannonia. Le sue principali città erano Celeia, Emona, Nauportus Poetovio. La romanizzazione della regione era completa all'arrivo delle invasioni barbariche. Nel 450 d.C. Attila distrusse Emona, la principale città della regione, che comunque si riprese momentaneamente sotto gli Ostrogoti di Teodorico.
Il nome italiano Gorizia deriva dal sostantivo slavo gorica (leggi gorìza), diminutivo di gora (monte), che in lingua slovena significa collina.[1] Il nome di Gorizia compare per la prima volta nell'anno 1001, nell'atto di donazione imperiale che Ottone III con il quale egli cedeva in parti eguali il castello di Salcano e la villa denominata Goriza (MEDIETATEM PREDII SOLIKANO ET GORZA NUNCUPATUM), a Giovanni, patriarca di Aquileia, e a Guariento, conte del Friuli.
La località è ricordata in un documento del 1015:
Durante le invasioni barbariche ai tempi della fine dell'Impero romano d'Occidente molte popolazioni romanizzate dell'arco alpino ripiegarono nella penisola italiana o furono assimilate o annientate. Come si deduce dai registri della Chiesa Metropolitana di Aquileia lo stesso destino toccò alle popolazioni romanizzate dei centri urbani delle regioni orientali dell'Italia romana: Emona, Celeia, Poetovio, Aguntum, Teurnia, Virunum, Scarabantia, Postumia, Idria.[2].
I territori abbandonati vennero popolati da tribù slave sospinte verso ovest dalla espansione degli Avari. Come risulta dalla Historia Langobardorum dello storico longobardo Paolo Diacono la migrazione verso ovest delle tribù slave fu arrestata nel 720 presso il fiume Natisone dai Longobardi, che consentirono ad esse di insediarsi sulle colline prospicienti la pianura friulana[3].
Durante l'VIII secolo l'opera missionaria di monaci irlandesi o di scuola irlandese del vescovato di Salisburgo e del patriarcato di Aquileia, iniziata nel 753 dal monaco irlandese san Modesto inviato nella regione come corepiscopo di Carantania dal vescovo Virgilio di Salisburgo, portò alla cristianizzazione delle comunità slave, a cui i Franchi dall'inizio del IX secolo consentirono di espandere i propri insediamenti fino alle aree spopolate dell'Istria settentrionale a ridosso delle ancora prospere cittadine costiere come risulta documentato nel Placito del Risano[4][5][6][7] Sotto Carlo Magno, la Carniola fece parte della Marca del Friuli, ma poi divenne un margraviato autonomo, governato da un margravio di etnia slava con sede a Kranj, soggetto ai duchi di Carinzia. L'area occidentale alpino-litoranea invece continuò a far parte del Friuli storico.
Nel X secolo diverse cittadine e vallate della zona furono aggregate, seppur distanti, a Principati vescovili dell'area tedesca, mentre nel 1071 anche la Carniola fu sottoposta alla giurisdizione secolare dei Patriarchi di Aquileia. Questi la diedero in feudo alla casata di Babenberg, iniziando così il legame storico e statuale fra la Slovenia e l'Austria. Nel 1245, Federico II di Babenberg, duca d'Austria e di Stiria, ottenne il titolo di Ducato anche alla Carniola. Nel 1278 la città di Capodistria e la zona costiera istriana a lei vicina, fino a quel momento appartenuta al Patriarcato, si unì alla Repubblica di Venezia. Seguì un periodo di governo della casa di Carinzia e Tirolo, che erano già signori anche dell'area di Gorizia, ma alla morte di Enrico di Carinzia e Tirolo nel 1335 la Carinzia, la Carniola, la Stiria ed altri possedimenti furono assegnati dall'Imperatore Ludovico il Bavaro a Ottone IV d'Asburgo. Dal 1335 pertanto iniziò il lungo periodo di dominio asburgico.
L'attuale Slovenia fece parte del Sacro Romano Impero per molti secoli. Gli Asburgo ne furono i massimi feudatari. La supremazia degli Asburgo venne minacciata dall'unico casato nobile sloveno, i Conti di Celje (Cilli) che si estinsero nel 1456. Tutto il territorio dell'odierna Slovenia, ad eccezione delle città del litorale della Repubblica di Venezia, passò agli Asburgo.
Dal Trecento in poi furono fondati importanti centri religiosi: i monasteri, che difesero il Cattolicesimo durante le sommosse protestanti. Diverse località slovene ottennero i diritti come città in questi secoli: Kamnik (1228) e Kranj (1256), Škofja Loka (1274), Novo mesto (1365) e Celje (1451).
Nel Quattrocento e Cinquecento i Turchi fecero diverse incursioni nei territori sloveni. Gli abitanti della campagna cercarono di proteggersi creando i Tabor, le chiese fortificate. Ci furono inoltre anche rivolte di contadini, non solo scontenti della cattiva difesa dall'Impero ottomano, ma anche delle nuove tasse e dei servizi gratuiti. Le più grandi furono le rivolte del 1515 e del 1573. Queste rivolte continuarono fino al Settecento.
Napoleone Bonaparte creò le Province illiriche, che saranno l'embrione della futura Slovenia. Queste Province, istituite nel 1809 con capitale Lubiana, vennero sciolte nel 1813, quando furono rioccupate dall'Austria. L'età della Restaurazione vide sancita l'annessione all'Impero d'Austria anche delle terre che erano state della Repubblica di Venezia, fra cui Capodistria ed il litorale istriano.
Dopo la prima guerra mondiale persa dall'Impero austro-ungarico, la regione divenne parte del neonato Regno di Jugoslavia ("Regno dei serbi, dei croati e degli sloveni") ad esclusione delle terre a ovest/sud-ovest del crinale delle Alpi Giulie, con il bacino dell'Isonzo, e la regione carsico-istriana che furono attribuite al Regno d'Italia.
Durante la seconda guerra mondiale, nel 1941, la Jugoslavia venne invasa dagli eserciti dell'Asse, e la Slovenia fu divisa fra l'Italia (con la creazione della Provincia di Lubiana), la Germania e l'Ungheria. Dal settembre 1943 anche la zona precedentemente annessa dall'Italia fu occupata dal Terzo Reich, e divenne parte della Zona d'operazioni del Litorale adriatico. Con lo svilupparsi di una feroce guerriglia partigiana negli ultimi anni di guerra, la Slovenia fu teatro di numerosi scontri con notevoli spostamenti di popolazione specialmente dopo il 1945: la popolazione autoctona tedesca venne espulsa (isola linguistica di Gottschee) e quella italiana, maggioritaria nell'area di Capodistria fu coinvolta in una diaspora forzata nota come esodo istriano.
Tra aprile e maggio 1945 le forze armate della resistenza jugoslava (IX corpus sloveno) occupano quasi interamente il territorio abitato dal gruppo etnico sloveno. Al termine della guerra viene creata la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia con a capo Josip Broz Tito. La Jugoslavia diventa una repubblica federale formata da sei repubbliche, fra cui la Slovenia come repubblica federata (con capitale Lubiana), e due regioni a statuto speciale. Lo sloveno è una delle tre lingue ufficiali insieme al serbo-croato e al macedone.
Nel 1947 si definiscono a Parigi le frontiere settentrionali ed occidentali fra la Slovenia (integrata nella Jugoslavia socialista) e l'Italia. Il goriziano orientale (per tre quarti slavofono) va alla Slovenia insieme alla media ed alta valle dell'Isonzo (anch'esse slavofone), così come la massima parte del carso triestino. La città di Gorizia (italofona) resta all'Italia, anche se amputata di gran parte del proprio entroterra, così come la Val Canale (a popolazione mista, italo-friulana, tedesca e slovena) e la Slavia friulana, in massima parte abitata da sloveni, molti dei quali sono però integrati da tempo nella comunità italo-friulana (è dal 1866 che la zona fa parte dell'Italia). Resta da definire la sorte del litorale slovenofono, fra Duino e Grignano, e di quello italofono compreso fra Grignano e Cittanova (con la città di Trieste), entrambi facenti parte del Territorio Libero di Trieste. Nel 1954, con la soppressione del Territorio Libero di Trieste, la Slovenia jugoslava annesse anche la porzione settentrionale della Zona B, corrispondente alla città di Capodistria ed ai suoi dintorni, guadagnando così la sponda meridionale del golfo di Trieste ed uno sbocco sul Mare Adriatico. Il confine meridionale con la Croazia fu fissato invece lungo il torrente Dragogna. Il confine italo-jugoslavo fu definitivamente fissato con il Trattato di Osimo del 1975.
Nel 1954 col Memorandum di Londra, la zona A del Territorio Libero di Trieste viene ceduta in amministrazione all'Italia (salvo lievi rettifiche territoriali a suo sfavore), mentre la zona B verrà spartita fra gli Stati federali jugoslavi di Croazia (fino al fiume Dragogna), e di Slovenia (a settentrione di tale corso d'acqua). L'Italia perde in tal modo alcuni importanti centri urbani italo-veneti (fra cui Capodistria, Pirano, Isola, Buie, Cittanova). Anche la Slovenia lascia fuori dalle proprie frontiere un numero imprecisato ma cospicuo di connazionali in Slavia friulana, Bisiacaria e nel litorale triestino. Presto vari sloveni - incluso lo storico Bogdan C. Novak fuggono dal regime di polizia imposto da Tito nei primi anni di socialismo jugoslavo.
Dopo gli anni sessanta la Slovenia, considerata la regione maggiormente sviluppata della Jugoslavia di Tito, iniziò uno sviluppo socioeconomico di rilievo. All'inizio degli anni novanta la Slovenia fu la seconda regione jugoslava a diventare indipendente, dopo la Croazia e soltanto per mezz'ora di differenza. Infatti durante la riunione del Parlamento Sloveno il 25 giugno 1991, il presidente dello stesso Parlamento diede lettura di un telegramma proveniente dal Parlamento Croato di Zagabria, che comunicava l'avvenuta proclamazione della Croazia indipendente. Ciò avvenne circa mezz'ora prima della votazione finale a Lubiana.
Il 25 giugno 1991 la Slovenia dichiarò l'indipendenza dalla Jugoslavia, e vinse la successiva guerra dei dieci giorni riuscendo così ad ottenere il riconoscimento della propria sovranità.[9] Il Paese riuscì poi a non essere coinvolto nella guerra civile jugoslava.
Con l'indipendenza inizia un riavvicinamento della nazione al contesto storico-politico dell'Europa Centrale, nel quale si era svolta gran parte della sua storia. Nel 2004 la Slovenia entra a far parte dell'Unione europea e della NATO, e nel 2007 adotta l'euro come propria moneta.