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Ambrogio Figino o Figini o Giovanni Ambrogio Figino (Milano, 1553 – Milano, 11 ottobre 1608) è stato un pittore manierista italiano.
Figlio di Giovanni Vincenzo, noto fabbricante di spade proveniente da una famiglia di armaioli, e di Lucia Grassi, fu allievo di Giovan Paolo Lomazzo dal 1564 e si pose in luce nel panorama artistico milanese inizialmente come ritrattista. L'effige di Ambrogio Annoni, uno dei pochi ritratti a lui attribuibili con sicurezza, mostra una capacità minuziosa di rendere i particolari degna della pittura fiamminga. Nei primi anni '80 del XVI secolo l'artista ricevette dai Gesuiti la commissione per due pale d'altare, un tempo in San Fedele: la Madonna della Serpe 1581-1583, (di cui si ricorderà Caravaggio nella Madonna dei Palafrenieri; la pala è oggi visibile in San Nazaro; ) e l'Incoronazione della Vergine (1585-1586).
A questi anni risale probabilmente il viaggio romano di Figino; nella Città Eterna fu l'arte di Michelangelo, oltre allo studio dell'antico, ad essere decisivo per la sua formazione, come è evidente dai suoi dipinti successivi, come il bellissimo San Matteo e l'Angelo, anch'esso reinterpretato in un successivo quadro di Caravaggio. Risale al 1590 invece la pala con Sant'Ambrogio che sconfigge Ario, dipinto per la cappella del Tribunale di Provvisione di palazzo dei Giureconsulti, oggi esposto nella Sala del Consiglio di Palazzo Marino[1] (un'altra versione autografa è nella chiesa di Sant'Eustorgio).
Dal 1590 Figino continuò (con Passaggio del Mar Rosso e la Natività) la serie delle ante d'organo del Duomo di Milano, lasciata interrotta da Giuseppe Meda, che sarebbe stata poi completata da Camillo Procaccini. Risale invece al 1599 la tela con Giove ed Io dipinta per un committente d'eccezione, l'imperatore Rodolfo II (oggi a Pavia, Pinacoteca Malaspina). Sempre negli anni Novanta realizzò la prima natura morta "pura", anticipando il Caravaggio. Negli ultimi anni della sua vita Figino eseguì un vasto ciclo di pitture per San Vittore al Corpo, la chiesa degli Olivetani a Milano.
Un dipinto di Figino, la cosiddetta Fruttiera di persici (pesche), è considerato uno dei primi esempi di natura morta italiana.
Figino è uno dei protagonisti dei dialoghi presenti nei trattati dello storico Gregorio Comanini.[2]
Ambrogio Figino è noto per una vastissima produzione grafica; le opere grafiche riferibili al suo catalogo assommano a 430[3]. Contrariamente, il numero delle opere pittoriche è esiguo.
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