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Quinto Remmio Palemone (Vicenza, 5 circa – 65) è stato un grammatico romano.
Palemone era di origine servile. Ottenuta la libertà, insegnò grammatica a Roma. Svetonio, nel suo De gramaticis et rhetoribus,[1] riporta con dovizia di particolari vari aneddoti sul suo carattere dissoluto e sull'arroganza da lui dimostrata nei confronti di un autore insigne come Varrone.
Nonostante questi difetti, Palemone divenne noto anche per la sua memoria prodigiosa e assurse a vera autorità degli studi grammaticali dell'epoca. Le sue lezioni erano molto popolari e tra i suoi allievi ci furono anche Quintiliano[2] e Persio.
Palemone seguiva la dottrina degli alessandrini, in particolar modo di Dionisio Trace:[3] secondo il suo punto di vista, l'alfabeto era composto da 23 lettere (5 vocales, 7 semivocales, 9 mutae più le due greche y e z). Da lui proviene anche la suddivisione dei verbi in quattro ordines declinationis, in base alla vocale della seconda persona singolare.[4]
Oltre che per aver introdotto nella scuola la lettura ed il commento alle opere virgiliane, Palemone è soprattutto noto per un trattato su vari argomenti grammaticali (l'Ars), che in parte si atteneva alle teorie di Dionisio Trace, in parte seguiva una tradizione stoico-romana già preesistente; il testo, perduto, può essere ricostruito grazie alle testimonianze dei grammatici posteriori e di Carisio.[5]
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