Nel mondo di oggi, Marocchinate è diventato un argomento rilevante e influente nella società. Il suo impatto si fa sentire in diversi ambiti, dalla politica alla cultura popolare, e ha generato un dibattito aperto nell’opinione pubblica. Con il rapido progresso della tecnologia, della globalizzazione e dei cambiamenti socioculturali, Marocchinate si è posizionato come punto di interesse per esperti in varie discipline. In questo articolo esploreremo a fondo il significato e l'importanza di Marocchinate, nonché la sua influenza sulla nostra vita quotidiana.
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Con il termine marocchinate vengono generalmente definiti tutti gli episodi di violenza sessuale e violenza fisica di massa, ai danni di migliaia di individui di tutte le età (ma soprattutto di donne) effettuati dai goumiermarocchini inquadrati nel Corpo di spedizione francese in Italia (Corps expéditionnaire français en Italie - CEF) durante la campagna d'Italia della seconda guerra mondiale.
Questi episodi di violenza sfociavano a volte anche in esecuzioni coatte degli abitanti delle zone sottoposte a razzia e violenza, e raggiunsero l'apice durante i giorni immediatamente successivi all'operazione Diadem e lo sfondamento della linea Gustav da parte degli Alleati[1].
Soldati della seconda divisione franco-marocchina durante un ultimo briefing prima di dare il cambio alla 34ª divisione statunitense in prima linea vicino a Cassino
Il 14 maggio 1944 le unità del Corpo di spedizione francese in Italia, composto per il 60% da reparti di origine nordafricana[1], attraversando un terreno apparentemente insuperabile nei monti Aurunci, aggirarono le linee difensive tedesche nell'adiacente Valle del Liri, consentendo al XIII Corpo britannico di sfondare la linea Gustav e di avanzare fino alla successiva linea di difesa predisposta dalle truppe germaniche, la linea Adolf Hitler. In seguito a questa battaglia si verificarono i saccheggi dei paesi e le violenze sulla popolazione denominate appunto marocchinate.
A seguito delle violenze sessuali molte persone furono contagiate da sifilide, gonorrea e altre malattie a trasmissione sessuale, e solo l'uso della penicillina statunitense salvaguardò quelle zone da una vasta epidemia. Molte donne rimasero incinte e altrettante abortirono o ebbero aborti spontanei; benché non siano state fatte ricerche in merito, si ritiene che si verificarono diversi casi di suicidio tra le donne violentate, nonché molti casi di infanticidio della prole nata dallo stupro[2].
Per le migliaia di donne rimaste incinte, il solo orfanotrofio di Veroli, accoglieva dopo la guerra circa 400 bambini nati da quelle violenze sessuali[3].
Le testimonianze
Goumier mentre affila la sua baionetta
Il sindaco di Esperia (comune in provincia di Frosinone) affermò che nella sua città 700 donne su un totale di 2.500 abitanti furono stuprate, e alcune di esse, in seguito a ciò, morirono. Con l'avanzare degli Alleati lungo la penisola, eventi di questo tipo si verificarono altrove, sia nel Lazio settentrionale che nella Toscana meridionale[4].
Lo scrittore Norman Lewis, all'epoca ufficiale britannico sul fronte di Montecassino, narrò gli eventi:
«Tutte le donne di Patrica, Pofi, Isoletta, Supino, e Morolo sono state violentate... A Lenola il 21 maggio hanno stuprato cinquanta donne, e siccome non ce n'erano abbastanza per tutti hanno violentato anche i bambini e i vecchi. I marocchini di solito aggrediscono le donne in due - uno ha un rapporto normale, mentre l'altro la sodomizza.»
Numerosi uomini che tentarono di difendere le proprie congiunte furono uccisi o violentati a loro volta. Il parroco di Esperia don Alberto Terilli che cercò invano di salvare tre donne dalle violenze dei soldati, fu legato e sodomizzato tutta la notte, morendo due giorni dopo per le sevizie subite[8].
A Pico i soldati statunitensi del 351º reggimento fanteria (della 88ª divisione di fanteria, i cui membri erano soprannominati i "blue devils" per la loro ferocia in combattimento)[9] giunsero mentre i goumier stavano compiendo le violenze, ma furono bloccati dal comandante francese del reparto, che disse loro che "erano qui per combattere i tedeschi e non i francesi"[10].
In una relazione redatta il 28 maggio 1944 del capitano italiano Umberto Pittali viene detto che “ufficiali francesi lasciano ai marocchini una discreta libertà di azione” e “preferiscono ignorare” quanto accade[10]. Secondo un testo
«Addirittura c’è tra loro chi non ha paura di parlare di vero e proprio “diritto di preda” per i reparti marocchini[11].»
Don Alfredo Salulini nel suo libro Le mie memorie del tempo di guerra (Casamari, Tipolitografia dell'Abbazia, 1992), racconto autobiografico, cita un episodio di una giovane ragazza di appena 16 anni tenuta prigioniera in un casolare di campagna all'inizio di Vallecorsa e costretta a subire violenza carnale da un intero plotone di goumiers (anche soldati francesi che si nascondevano tra loro), morta dopo una settimana di violenze.
«A S. Andrea, i marocchini stuprarono 30 donne e due uomini; a Vallemaio due sorelle dovettero soddisfare un plotone di 200 goumiers; 300 di questi invece, abusarono di una sessantenne. A Esperia furono 700 le donne violate su una popolazione di 2.500 abitanti, con 400 denunce presentate. Anche il parroco, don Alberto Terrilli, nel tentativo di difendere due ragazze, venne legato a un albero e stuprato per una notte intera. Morirà due anni dopo per le lacerazioni interne riportate. A Pico, una ragazza venne crocifissa con la sorella. Dopo la violenza di gruppo, verrà ammazzata. A Polleca si toccò l’apice della bestialità. Luciano Garibaldi scrive che dai reparti marocchini del gen. Guillaume furono stuprate bambine e anziane; gli uomini che reagirono furono sodomizzati, uccisi a raffiche di mitra, evirati o impalati vivi. Una testimonianza, da un verbale dell’epoca, descrive la loro modalità tipica: "I soldati marocchini che avevano bussato alla porta e che non venne aperta, abbattuta la porta stessa, colpivano la Rocca con il calcio del moschetto alla testa facendola cadere a terra priva di sensi, quindi veniva trasportata di peso a circa 30 metri dalla casa e violentata mentre il padre, da altri militari, veniva trascinato, malmenato e legato a un albero. Gli astanti terrorizzati non potettero arrecare nessun aiuto alla ragazza e al genitore in quanto un soldato rimase di guardia con il moschetto puntato sugli stessi"[3]»
Da alcuni documenti dell’Archivio Centrale dello Stato, risulta che a Pico furono violentate 51 donne da 181 franco-africani e da 45 francesi bianchi. Questi crimini vennero minimizzati dalla Francia, sostenendo che erano state le donne italiane, in molti casi, a provocare i militari marocchini[12].
«2.-Comunque forti possono essere i nostri sentimenti nei riguardi di una Nazione che odiosamente tradì la Francia noi dobbiamo mantenere un’attitudine dignitosa.»
(Dal Memorandum del generale d’armata Juin, 24 maggio 1944[13])
Conseguenze
Le reazioni delle autorità
Il 18 giugno 1944 papa Pio XII sollecitò Charles de Gaulle a prendere provvedimenti per questa situazione. Ne ricevette una risposta accorata e al tempo stesso irata nei confronti del generale Guillaume. Ancora, il cardinale francese Tisserant rivolse una lamentela al generale Juin, che rispose che "si era provveduto alla fucilazione di 15 militari, accusati di stupri, colti sul fatto, mentre altri 54, colpevoli di violenze varie e omicidi, erano stati condannati a diverse pene compresi i lavori forzati a vita"[14]. Entrò quindi in scena la magistratura francese, che fino al 1945 avviò 160 procedimenti giudiziari nei confronti di 360 individui. I reparti coloniali vennero alla fine ritirati e la 2ª divisione marocchina venne reimpiegata sul fronte tedesco, nella Foresta Nera e a Freudenstadt, nell'aprile del 1945, dove accaddero ancora episodi di stupri e rapine[15].
Il falso volantino di Juin
Nel 1965, l'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra pubblicò il testo di un presunto volantino in francese e in arabo, secondo il quale sarebbe stato lo stesso generale Alphonse Juin ad istigare le truppe coloniali francesi alle turpi azioni: "...oltre quei monti, oltre quei nemici che stanotte ucciderete, c’è una terra larga e ricca di donne, di vino, di case. Se voi riuscirete a passare oltre quella linea senza lasciare vivo un solo nemico, il vostro generale vi promette, vi giura, vi proclama che quelle donne, quelle case, quel vino, tutto quello che troverete sarà vostro, a vostro piacimento e volontà. Per 50 ore. E potrete avere tutto, fare tutto, prendere tutto, distruggere e portare via, se avrete vinto, se ve lo sarete meritato. Il vostro generale manterrà la promessa, se voi obbedirete per l’ultima volta fino alla vittoria...". Di tale presunto volantino non è mai stato ritrovato l'originale, tanto che il Senato italiano non lo citò all'interno del progetto di legge del 1996 che intendeva riconoscere pubblicamente le sofferenze della popolazione a causa della marocchinate. Cionondimeno, ripresa dall'estrema destra italiana, l'idea delle cinquanta ore di carta bianca garantite da Juin si è fortemente impressa nell'immaginario collettivo[16].
Dati sulle violenze
Una nota del 25 giugno 1944 del comando generale dell'Arma dei Carabinieri dell'Italia liberata alla Presidenza del Consiglio, segnalerebbe nei comuni di Giuliano di Roma, Patrica, Ceccano, Supino, Morolo, e Sgurgola, in soli tre giorni (dal 2 al 5 giugno 1944, giorni della liberazione di Roma), 418 violenze sessuali, di cui 3 su uomini, 29 omicidi, e 517 furti[17].
Numerosi stupri si sono verificati anche nei comuni di Latina, Lenola, Campodimele, Fondi, Formia, Itri, Sabaudia, San Felice Circeo, Sezze, Cori, Norma, Roccagorga, Latina, Maenza, Prossedi, Spigno Saturnia, Frosinone, Ceccano, Giuliano di Roma, Vallecorsa, Castro dei Volsci, Villa Santo Stefano, Amaseno, Esperia, Supino, Pofi, Pratica, Pastena, Pico, Pontecorvo[18].
Le stime ammonterebbero a circa 3.100 casi, come riportato in una inchiesta italiana sottostimata per difetto fino ai dati probabilmente inverosimili delle 50.000 denunce presentate entro la fine del conflitto[19].
Nella seduta notturna della Camera del 7 aprile 1952 la deputata del PCIMaria Maddalena Rossi (presidente dell'UDI) denunciò che solo nella provincia di Frosinone vi erano state 60.000 violenze[20] da parte delle truppe "Magrebine" del generale Alphonse Juin. Al convegno "Eroi e vittime del '44: una memoria rimossa" tenutasi a Castro dei Volsci il 15 ottobre 2011, il Presidente dell'Associazione Nazionale Vittime delle "Marocchinate" Emiliano Ciotti fa una stima dello stupro di massa:
«Dalle numerose documentazioni raccolte oggi possiamo affermare che ci furono un minimo di 20.000 casi accertati di violenze, numero che comunque non rispecchia la verità; diversi referti medici dell'epoca riferirono che un terzo delle donne violentate, sia per vergogna o pudore, preferì non denunciare. Facendo una valutazione complessiva delle violenze commesse dal "Corpo di Spedizione Francese", che iniziò le proprie attività in Sicilia e le terminò alle porte di Firenze, possiamo affermare con certezza che ci fu un minimo di 60.000 donne stuprate, e ben 180.000 violenze carnali. I soldati magrebini mediamente stupravano in gruppi da 2 (due) o 3 (tre), ma abbiamo raccolto testimonianze di donne violentate anche da 100, 200 e 300 magrebini»
Episodi simili
Queste violenze non vennero compiute solo in questa zona dell'Italia: il fenomeno sarebbe iniziato già dal luglio 1943 dopo lo sbarco alleato in Sicilia, proseguendo poi nel resto della penisola. Si sarebbe arrestato solo nell'ottobre 1944 alle porte di Firenze, quando il corpo di spedizione francese fu trasferito in Provenza.
In Sicilia, i goumier avrebbero avuto scontri molto accesi con la popolazione per questo motivo: si parla del ritrovamento di alcuni goumier uccisi con i genitali tagliati (secondo alcuni un chiaro segnale). La violenza era su donne e uomini, ma soprattutto su donne, per cui i siciliani, oltre a nascondere le donne in rifugi naturali o artificiali come grotte o pozzi, in diversi casi reagirono come a Capizzi, dove una quindicina di marocchini vennero uccisi con l'acquiescenza delle autorità militari alleate[21]; in altri casi gli autori degli stupri vennero uccisi a roncolate o evirati, dilaniati e dati in pasto ai maiali[21].
«Dato il coinvolgimento di sottufficiali e ufficiali bianchi, alcuni dei quali italofoni in quanto corsi, non presenti nei reparti di truppa goumier, si può affermare che i violentatori si annidavano in tutte e quattro le divisioni del Cef. Forse anche per questo, gli ufficiali francesi non risposero ad alcuna sollecitazione da parte delle vittime e assistettero impassibili all’operato dei loro uomini. Come riportano le testimonianze, quando i civili si presentavano a denunciare le violenze, gli ufficiali si stringevano nelle spalle e li liquidavano con un sorrisetto”. Questo atteggiamento perdurò fino all’arrivo in Toscana del Cef. Qui ricominciarono le violenze a Siena, ad Abbadia San Salvatore, Radicofani, Murlo, Strove, Poggibonsi, Elsa, San Quirico d’Orcia, Colle Val d’Elsa. Perfino membri della Resistenza dovettero subire gli abusi. Come testimonia il partigiano rosso Enzo Nizza: ”Ad Abbadia contammo ben sessanta vittime di truci violenze, avvenute sotto gli occhi dei loro familiari. Una delle vittime fu la compagna Lidia, la nostra staffetta. Anche il compagno Paolo, avvicinato con una scusa, fu poi violentato da sette marocchini. I comandi francesi, alle nostre proteste, risposero che era tradizione delle loro truppe coloniali ricevere un simile premio dopo una difficile battaglia”.»
(Da Massimo Lucioli e Davide Sabatini, La ciociara e le altre, 1998[3])
Le truppe francesi presero parte all'invasione della Germania e alla Francia fu assegnata una zona di occupazione in Germania. Secondo Perry Biddiscombe, i francesi commisero "385 stupri nell'area di Costanza, 600 a Bruchsal e 500 a Freudenstadt".[22] Commisero inoltre uno stupro di gruppo nel distretto di Höfingen, vicino Leonberg.[23]
Anche nella Germania meridionale i goumier si abbandonarono a violenze e stupri di gruppo ai danni della popolazione. Secondo Norman Naimark, storicostatunitense, le truppe marocchine integrate nell'esercito francese occupante dimostrarono comportamenti simili (se non peggiori) a quelli dell'Armata Rossa, specialmente durante l'occupazione del Baden e del Württemberg[24].
«Adesso lui mi stava sopra; e io mi dibattevo con le mani e con le gambe; e lui sempre mi teneva fissa la testa a terra contro il pavimento, tirandomi i capelli con una mano; e intanto sentivo che con l'altra andava alla veste e me la tirava su verso la pancia e poi andava tra le gambe; e tutto a un tratto gridai di nuovo, ma di dolore, perché lui mi aveva acchiappato per il pelo con la stessa forza con la quale mi tirava i capelli per tenermi ferma la testa»
Il film La ciociara, ispirato al romanzo omonimo di Alberto Moravia e diretto da Vittorio De Sica, culmina con la violenza da parte dei goumier sulle protagoniste, madre e figlia adolescente; la madre chiama i violentatori "turchi", in un disperato sfogo verso ufficiali francesi che si fingono scettici.
Nel 2013 è stata rappresentata la pièce teatrale "La Marocchinata" scritta e diretta da Stefania Catallo, basata sulla testimonianza di una vittima.
Il 13 giugno 2015 è andata in scena all'Opera di San Francisco l'operaTwo women (La ciociara), tratta dal romanzo di Moravia e dalla sceneggiatura cinematografica di Luca Rossi, e musicata da Marco Tutino, su libretto dello stesso Tutino e di Fabio Ceresa.[25] L'opera è stata poi ripresa, in prima europea, al Teatro lirico di Cagliari il 24 novembre 2017, ed anche ripetutamente teletrasmessa dalla RAI su Rai 5[26].
Ad agosto 2016 ha debuttato al Festival "Narrastorie - Il Festival del racconto di strada" lo spettacolo Le Marocchinate, un monologo scritto da Simone Cristicchi e Ariele Vincenti ed interpretato da quest'ultimo[27].
Il Canto 72 (1944) dei Cantos del poeta statunitense che aderì al fascismo, Ezra Pound, scritto in italiano e in stile dantesco, contiene una strofa in cui si accenna con dure parole al fenomeno delle marocchinate (a parlare al poeta è lo spirito del condottiero medievale Ezzelino III da Romano, che Pound non considera un feroce tiranno come nella tradizione storica):
fu la calunnia, ed è, e non da ieri.
Furia la guerra antica in Romagna
lo sterco sale sino a Bologna con stupro e fuoco, e dove il cavallo bagna son marocchini ed altra genia che nominar è vergogna,
sì che il sepolto polvere s'affasca
nel profondo, e muove, e spira,
e, per cacciar lo straniero, agogna
a tornar vivo."»
«Centro strategicamente importante, situato sulla linea Gustav, durante l’ultimo conflitto mondiale si trovò al centro degli opposti schieramenti, subendo ogni sorta di violenza dalle truppe tedesche e marocchine e continui e devastanti bombardamenti da parte alleata che causarono la morte di numerosissimi cittadini e la totale distruzione dell’abitato. I sopravvissuti, costretti a trovare rifugi occasionali sulla montagna, resistevano con fierissimo contegno alle più dure sofferenze, offrendo un ammirevole esempio di coraggio e amor patrio.» — Vallecorsa (FR) 1943/1944[28].
«Piccolo Comune con pochissime migliaia di abitanti, occupato per la posizione strategicamente favorevole dall'esercito tedesco impegnato a difesa della linea "Gustav", fu obiettivo di ripetuti e selvaggi bombardamenti che provocarono numerosissime vittime civili e la quasi totale distruzione dell'abitato. Con l'arrivo degli alleati il paese subì, poi, una serie impressionante di furti, omicidi e saccheggi e dovette registrare più di settecento atti di efferata violenza su donne, ragazze e bambini da parte delle truppe marocchine. Ammirevole esempio di spirito di sacrificio e elette virtù civiche.» — Esperia (FR), Ottobre 1943-Maggio 1944[29].
«Piccolo Comune di poche migliaia di abitanti, occupato dalle truppe tedesche impegnate a difesa della linea Gustav, subì un violentissimo bombardamento che causò la morte di cinquantotto civili e numerosi feriti. I sopravvissuti, costretti all'evacuazione dovettero trovare rifugio nelle campagne circostanti. Con l'arrivo degli alleati il paese dovette registrare centinaia di atti di efferata violenza su donne e uomini da parte delle truppe marocchine. Ammirevole esempio di spirito di sacrificio e di amor patrio.» — Lenola (LT), 1943-1944[30].
«Piccolo Comune del frusinate, posto sulla linea Gustav, fu oggetto di feroci rastrellamenti da parte delle truppe naziste e di devastanti bombardamenti che provocarono numerose vittime civili e la distruzione della metà del patrimonio abitativo. La popolazione fu costretta ad abbandonare i propri beni e a trovare rifugio in montagna, tra stenti e sofferenze. Con l'arrivo degli alleati il paese dovette registrare poi alcuni atti di efferata violenza su concittadine da parte delle truppe marocchine. Ammirevole esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio.» — Castro dei Volsci (FR), 1943-1945[31].
«Centro strategicamente importante, situato sulla linea Gustav, durante l'ultimo conflitto mondiale si trovò al centro degli opposti schieramenti, subendo ogni sorta di violenza dalle truppe tedesche e marocchine e continui e devastanti bombardamenti alleati che causarono la morte di numerosissimi cittadini e la quasi totale distruzione dell'abitato. Splendido esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio.» — Ceccano (FR), 1943-1944[32].
«Piccolo comune situato sulla linea Gustav, durante l'ultimo conflitto mondiale si trovò al centro degli opposti schieramenti, subendo ogni sorta di violenza da parte delle truppe tedesche e marocchine nonché devastanti bombardamenti da parte dell'esercito alleato, che causarono la morte di numerosi cittadini, la quasi totale distruzione dell'abitato e ingenti danni al patrimonio zootecnico e agrario. Nobile esempio di spirito di sacrificio ed elette virtù civiche.» — Campodimele (LT), 1943-1945[33].
«Centro situato in posizione strategica ed occupato dall'esercito tedesco impegnato a difesa della linea Gustav, fu oggetto di rastrellamenti da parte delle truppe naziste e di numerosi bombardamenti che provocarono molte vittime civili e ingenti danni all'abitato. Anche con l'arrivo delle truppe alleate il paese subì soprusi, saccheggi e atti di efferata violenza su uomini e donne. Ammirevole esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio.» — Pofi (FR), 1943-1944[34].
«Centro strategicamente importante posto sulla linea Gustav, fu oggetto di violenti rastrellamenti da parte delle truppe naziste e selvaggi bombardamenti che provocarono numerose vittime civili e la totale distruzione dell'abitato. La popolazione fu costretta ad abbandonare i propri beni e trovare rifugio in montagna, tra stenti e sofferenze. Con l'arrivo degli alleati il paese dovette registrare, poi, alcuni atti di efferata violenza su concittadine da parte delle truppe marocchine. Ammirevole esempio di spirito di sacrificio ed amor patrio.» — Spigno Saturnia (LT), 1943-1944[35].
«Centro strategicamente importante, situato sulla linea Gustav, durante l’ultimo conflitto mondiale si trovò al centro degli opposti schieramenti, subendo ogni sorta di violenza dalle truppe tedesche e marocchine e un gran numero di bombardamenti da parte alleata, che provocarono numerosissime vittime civili e la quasi totale distruzione dell’abitato. La popolazione tutta, con fierissimo contegno, resistette alle più dure sofferenze, offrendo un ammirevole esempio di coraggio ed amor patrio.» — Castelforte (LT), 1943-1944[36].
«Comune situato in posizione nevralgica, durante l’ultimo conflitto mondiale si trovò al centro degli opposti schieramenti, subendo ogni sorta di violenza dalle truppe tedesche e marocchine e un gran numero di bombardamenti da parte alleata, che provocarono numerosissime vittime civili e la quasi totale distruzione dell’abitato. I sopravvissuti, costretti a trovare rifugio in varie località, resistettero impavidi agli orrori e ai disastri della guerra, offrendo un’ammirevole prova di coraggio e amor patrio.» — SS. Cosma e Damiano (LT), 1943-1944[37].
^Nota del comando generale dell'Arma dei carabinieri alla presidenza del Consiglio dei ministri dell'Italia liberata, ACS-PCM, Gab 1944-47, n. 10270, f. 19-10.
«Nei comuni di Giuliano di Roma, Patrica, Ceccano, Supino, Morolo e Sgurgola, paesi nei quali si ebbero stupri, omicidi, furti, rapine, saccheggi di abitazioni poi devastate e incendiate e dove vennero violentate, spesso ripetutamente, donne, ragazze e bambine da soldati in preda a sfrenata e sadica esaltazione sessuale.»
^(EN) Headquarters, 88th Infantry Division (a cura di), The Kick-Off, in We Were There: From Gruber to the Brenner Pass; 88th Infantry Division WWII Unit History, Information and Education Section, MTOUSA. Ospitato su Lone Sentry.
Fabrizio Carloni, Il corpo di spedizione francese in Italia, 1943-1944, Milano, Mursia, 2006, ISBN88-425-3552-4.
Roberto Gremmo, Le "Marocchinate", gli alleati e la Guerra ai civili - Le vittime dell’occupazione militare straniera nell’Italia liberata (1943-1947), Biella, Ed. Storia Ribelle, 2010.
Massimo Lucioli e Davide Sabatini, La ciociara e le altre: il corpo di spedizione francese in Italia: 1943-1944, Frascati, Tusculum, 1998.
Silvano Olmi, Non solo la «Ciociara». Violenze di guerra sulle donne dalla Sicilia alla Campania,dal Lazio alla Toscana, Fergen, 2018.
A. Riccio, Etnografia della memoria, storie e testimonianze del secondo conflitto mondiale nei Monti Aurunci, Roma, Edizioni Kappa, 2008, ISBN88-7890-940-8.
Michele Strazza, Senza via di scampo - Gli stupri nelle guerre mondiali (PDF), in Collana "Un archivio della memoria", Consiglio Regionale della Basilicata, Commissione Regionale per la Parità e le Pari Opportunità, 2010.