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Luigi Tonelli (Teramo, 17 luglio 1890 – Roma, 21 gennaio 1939[1]) è stato un critico letterario, critico teatrale e scrittore italiano, che si dedicò allo studio di varie figure della letteratura italiana, in particolar modo Dante Alighieri e Alessandro Manzoni.
Nato a Teramo, Luigi Tonelli si laureò in lettere a Firenze sotto la guida di Guido Mazzoni. Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, durante la quale gli fu conferita la medaglia al valore[2], Tonelli fu insegnante di Letteratura poetica e drammatica nel Conservatorio di Parma e in quello di Roma. insegnò poi Letteratura italiana all'Università di Roma, in sostituzione di Vittorio Rossi, prima e, dal 1937 alla prematura morte, alla Cattolica di Milano[3]. In qualità di docente e ricercatore, fu collaboratore di riviste quali il «Marzocco»[4], la «Rivista d'Italia» ed «Aevum», ma anche di giornali quali Il Resto del Carlino[3]. Fu anche socio d'onore della Cattedra Petrarchesca di Arezzo[5]. Scrittore e commediografo, Tonelli, per quanto riguardò l'attività accademica, si dedicò a figure della letteratura italiana che spaziano, cronologicamente, da Dante all'età contemporanea, ma i suoi campi d'indagine principale riguardarono il teatro italiano, il Sommo Poeta e Alessandro Manzoni[6].
Riguardo a Dante, Tonelli si segnalò principalmente per il saggio Dante e la poesia dell'ineffabile (1934), in cui cercò di rivalutare la poetica del Paradiso distinguendo poi tre gradi di poetica, riguardanti ciascuna cantica della Commedia: «nell'Inferno prevale la poesia del meraviglioso, nel Purgatorio la poesia del sovraumano, e nel Paradiso la poesia dell'ineffabile», dove per poesia dell'ineffabile si intende quella poesia che, grazie all'intuizione poetica, narra delle verità incomprensibili alla mente umana, quali la Trascendenza divina[6].
Riguardo a Manzoni, invece, Tonelli si segnalò per un'importante biografia del poeta pubblicata nel 1928, in cui analizza non soltanto l'aspetto puramente biografico, ma anche l'evoluzione dello scrittore dall'ideologia illuminista a quella della conversione, momento in cui si nota una religiosità di stampo giansenista (e pienamente ortodossa nella maturità) e una visione politica di stampo invece liberale che rimase inalterata[7].
Commentando il suo articolo Il carattere e l'opera di Luigi Capuana,[8] Antonio Gramsci definì il Tonelli uno « sciocco che non capisce nulla ».[9]
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