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Alois Pupp | |
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Presidente della Provincia autonoma di Bolzano | |
Durata mandato | 1956 – 1960 |
Predecessore | Karl Erckert |
Successore | Silvius Magnago |
Dati generali | |
Partito politico | NSDAP SVP |
Professione | Politico |
Alois Pupp, detto Vijo (Antermoia, 26 febbraio 1900 – Bressanone, 22 febbraio 1969), è stato un politico italiano, altoatesino di lingua ladina, esponente della Südtiroler Volkspartei e presidente della provincia autonoma di Bolzano dal 1956 al 1960.
Iscrittosi nel 1943 al Partito nazista[1][2], fu tra i fondatori della SVP. Venne eletto al consiglio provinciale di Bolzano già nel 1948 (vi rimarrà continuativamente fino al 1968)[3]. Nel 1950 entrò nella giunta provinciale guidata da Karl Erckert come assessore al posto di Paul Mayr[4]. Dopo le elezioni del 1952 fu confermato da Erckert in giunta e nominato vicepresidente.
Karl Erckert morì durante una seduta della giunta provinciale il 15 dicembre 1955 e nella successiva seduta del consiglio, il 7 gennaio 1956, Pupp fu ufficialmente nominato suo successore. Pupp guidò poi anche la giunta uscita dalle successive elezioni del 1956 fino al termine della legislatura nel 1960.
Da allora e fino al suo ritiro dalla politica nel 1968 fu presidente o vicepresidente del consiglio provinciale[5] (lo statuto di autonomia prevedeva - e prevede ancora - l'alternanza tra gruppi linguistici), e presidente del consiglio regionale (i consiglieri provinciali delle due provincie - allora non autonome - di Bolzano e Trento compongono il consiglio regionale) tra il 1962 e il 1964 e tra il 1966 e il 1968[6].
Pupp è stato il primo Landeskommandant di una associazione Schützen sudtirolese (1958-1961) dopo la rinascita delle compagnie in Alto Adige.
Da una parte del mondo ladino, Pupp è stato fatto oggetto di critiche per la sua posizione nei confronti della lingua e della scuola ladina[7]. Pupp, infatti, si era schierato per il mantenimento della scuola tedesca anche nelle valli ladine della provincia di Bolzano e contro l'introduzione della scuola ladina, che prevede l'uso paritetico delle lingue italiana e tedesca, oltre che il ladino come lingua d'insegnamento, sostenendo che il ladino non fosse altro che un dialetto, senza la dignità di lingua[8].
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