Oggi Caproni Ca.161 è un argomento che ha acquisito grande rilevanza in diversi ambiti della società. Dalla politica all'economia, dalla cultura alla tecnologia, Caproni Ca.161 è diventato un punto di interesse e discussione in tutto il mondo. Il suo impatto spazia dagli aspetti personali a quelli globali, generando opinioni contrastanti e dibattiti costanti. Conoscere di più su Caproni Ca.161 è essenziale per comprendere meglio il contesto attuale e le possibili tendenze future. In questo articolo esploreremo vari aspetti legati a Caproni Ca.161, per offrire una visione completa e arricchente di questo argomento così attuale oggi.
Caproni Ca.161 | |
---|---|
![]() | |
Descrizione | |
Tipo | aereo da primato |
Equipaggio | 1 |
Progettista | Rodolfo Verduzio |
Costruttore | ![]() |
Data primo volo | 1936 |
Esemplari | 3 |
Dimensioni e pesi | |
Lunghezza | 8,25 m |
Apertura alare | 14,25 m |
Altezza | 3,50 m |
Superficie alare | 35,5 m² |
Peso a vuoto | 1 205 kg |
Peso carico | 1 650 kg |
Propulsione | |
Motore | 1 radiale Piaggio P.XI RC.100/2v |
Potenza | 750 CV (560 kW) |
Record e primati | |
17 083 m di quota | |
Note | dati riferiti alla versione Ca.161bis |
biciclo e non triciclo | |
voci di aeroplani sperimentali presenti su Wikipedia |
Il Caproni Ca.161 era un monomotore biplano sperimentale realizzato dall'azienda italiana Aeronautica Caproni nella metà degli anni Trenta per battere il precedente primato mondiale di quota massima.
Per poter affermare la superiorità tecnica dei propri velivoli e per spirito di competizione, l'ingegner Gianni Caproni decise di realizzare un velivolo appositamente studiato per riuscire a battere il primato mondiale di quota massima. Per il progetto si affidò a Rodolfo Verduzio il quale si basò sul Caproni Ca.113, un biplano monomotore da addestramento avanzato con capacità acrobatiche, prodotto negli stabilimenti di Taliedo dall'inizio degli anni trenta.
Il Ca.161 presentava un'impostazione convenzionale, come il Ca.113 dal quale derivava, ovvero un biplano monomotore in configurazione traente e carrello fisso.
La fusoliera aveva una struttura in tubi saldati ed era dotata di un singolo abitacolo aperto modificato per contenere l'attrezzatura necessaria per raggiungere l'alta quota. La parte posteriore terminava in un impennaggio classico monoderiva dotato di piani orizzontali controventati.
La configurazione alare era biplana a scalamento positivo, con l'ala superiore ed inferiore di ugual misura, con l'inferiore disassata verso la parte posteriore, collegate tra loro e la fusoliera da una serie di montanti in tubi metallici.
Il carrello d'atterraggio era un triciclo classico molto semplice, fisso, integrato posteriormente da un ruotino d'appoggio.
La propulsione era affidata ad un motore Piaggio P.XI RC.72, un radiale 14 cilindri a doppia stella raffreddato ad aria dotato di riduttore e compressore con quota di ristabilimento di 7 200 m, collegato ad un'elica quadripala, soluzione già adottata dalla versione Ca.113AQ (Alta Quota) e studiata per diminuire gli effetti della rarefazione dell'aria.
L'8 maggio 1937, pilotato da Mario Pezzi, comandante dal 1934 del Reparto Alta Quota di Guidonia, il Ca.161 venne portato in volo per stabilire il nuovo record. Sull'esperienza fatta con il Ca.113AQ, anch'esso pilotato dal comandante Pezzi, per evitare i problemi di respirazione e contrastare il freddo intenso al pilota venne fatta indossare una speciale tuta riscaldata munita di scafandro, che assomigliava alle tute introdotte vent'anni più tardi per i primi tentativi di conquista dello spazio. Lo sviluppo della speciale tuta fu eseguito con l'apporto del pilota collaudatore Ferdinando Rosei che la testò sia in camera pressurizzata a terra che in prove di volo alta quota. In questa configurazione, Pozzi riuscì a raggiungere i 15 635 m di quota, stabilendo il nuovo record.
Questo però rimase imbattuto per poco tempo. Il 30 giugno di quello stesso anno il britannico M.J. Adam, ai comandi di un Bristol Type 138, lo superava a sua volta, raggiungendo i 53 940 ft, corrispondenti a 16 440 metri.
Pezzi e Caproni decisero allora di riprendersi il primato, realizzando una versione ancora più estrema del modello, denominata Ca.161bis. Le modifiche più evidenti riguardavano l'installazione nella fusoliera di una camera pressurizzata, in cui il Pezzi si sarebbe calato, chiusa superiormente da uno scafandro a tenuta stagna. Inoltre venne costruita una versione del motore P.XI ancor più ottimizzata per l'alta quota, dotata di un compressore a due stadi con quota di ristabilimento portata a 10 000 m, denominata Piaggio P.XI RC.100/2v.
In questa configurazione Pezzi riuscì a raggiungere la quota di 17 083 m, primato rimasto a lungo imbattuto per biplani con motore a pistoni e con propulsione ad elica. Esso fu battuto solo il 4 agosto 1995 dal monoplano sperimentale Grob G 850 Strato 2C della Grob Aerospace, che raggiunse i 18 552 m nel suo ultimo volo.[1][2]