Nel mondo di oggi, The Chronicle of Philanthropy è diventato un argomento di grande interesse per molte persone. Che sia per la sua rilevanza nella società, per il suo impatto sulla vita quotidiana o per il suo significato storico, The Chronicle of Philanthropy ha catturato l'attenzione di persone di ogni età e provenienza. Fin dalla sua nascita, The Chronicle of Philanthropy è stato oggetto di dibattito, studio e analisi, generando una grande quantità di ricerche e opinioni che cercano di comprenderne l'importanza e l'impatto in diversi contesti. In questo articolo esploreremo le varie sfaccettature di The Chronicle of Philanthropy, dalla sua origine fino alla sua influenza attuale, con l'obiettivo di fornire una visione completa su questo argomento così attuale oggi.
The Chronicle of Philanthropy | |
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Stato | USA |
Lingua | inglese |
Periodicità | mensile |
Genere | periodico di informazione e attualità |
Formato | cartaceo e online |
Fondatore | Phil Semas, Stacy Palmer (allora direttore gestionale[1] |
Fondazione | 1988 |
Sede | Washington D.C. |
Editore | The Chronicle of Higher Education Inc |
Diffusione digitale | 20.000+ (aprile 2019[2]) |
Direttore | Stacy Palmer |
Redattore capo | Dan Parks |
ISSN | 1040-676X | e 1943-3980
Sito web | philanthropy.com |
The Chronicle of Philanthropy è un mensile in lingua inglese dedicato al mondo della filantropia. Fondato nel 1988[3], è proprietà della testata giornalistica che pubblica la rivista e il sito di The Chronicle of Higher Education.
La versione online è aggiornata quotidianamente con i contributi di presidenti di organizzazioni caritatevoli, collaboratori delle fondazioni benefiche, persone impegnate nelle campagne di raccolta fondi e in attività filantropiche.[4]
La rivista pubblica ogni anno la classifica The Philanthropy 400 che indica le prime 400 organizzazioni caritatevoli statunitensi per ammontare di fondi e donazioni complessivamente raccolti,[5], oltre alla The Philanthropy 50 relativi ai primi 50 benefattori d'America.[6][7]
Uno studio del 2007 mostrò che le donazioni reali da parte delle celebrità erano di frequente sovradimensionate dalla stampa generalista.[8] Cinque anni dopo, un altro studio rivelò che il 4.2% delle donazioni proveniva da persone che avevano dichiarato redditi superiori ai 100.00 dollari, mentre la classe media con redditi fra i 50 e i 75.000 dollari aveva donato una quota media del 7.6%.[9][10]