Prigioniero di coscienza

Questo articolo analizza Prigioniero di coscienza da diverse prospettive, per comprenderne l'importanza e la rilevanza oggi. Dal suo impatto sulla società alla sua influenza sulla cultura, Prigioniero di coscienza è diventato un argomento di grande interesse per persone di tutte le età e settori. In questa direzione verranno esplorate le sue origini, la sua evoluzione nel tempo e le varie opinioni e teorie che ruotano attorno ad esso. Allo stesso modo verranno esaminate le sue implicazioni e conseguenze in diversi ambiti, con l'obiettivo di fornire una visione esaustiva e completa di Prigioniero di coscienza.

Prigioniero di coscienza è un termine coniato dall'organizzazione internazionale Amnesty International che si batte in difesa dei diritti umani. Il termine si riferisce a chiunque venga imprigionato in base ad alcune caratteristiche: razza, religione, colore della pelle, lingua, orientamento sessuale e credo politico, il tutto senza aver usato o invocato l'uso della violenza.

Dalla sua fondazione nel 1961, Amnesty International, come attività principale fin dal suo inizio, ha esercitato pressioni e organizzato campagne per il rilascio di persone private della libertà per motivi di "coscienza".[1][2]

Definizione

Fu Peter Benenson, fondatore di Amnesty Internationale, nell'articolo "The Forgotten Prisoners", pubblicato da The Observer il 28 maggio 1961, a lanciare la campagna "Appeal for Amnesty 1961", e, in quel frangente, a definire per primo il termine "prigioniero di coscienza"[3].

«Qualsiasi persona a cui sia impedito (dall'imprigionamento o altro) di esprimere (in ogni forma di parole o simboli) qualunque opinione personale che non sostenga o giustifichi violenza personale. Vengono escluse anche quelle persone che hanno cospirato con un governo straniero per rovesciare il proprio.»

Amnesty International ha successivamente cambiato la definizione originale di Benenson:

«Amnesty International definisce prigioniero di coscienza una persona privata della sua libertà solo a causa delle sue opinioni o di discriminazione per motivi di etnia, sesso, genere o altra identità che non abbia usato violenza e non ne abbia invocato l’uso.[4]»

Ciò ha potuto ad esempio causare la revoca (temporanea) dello status di "Prigioniero di coscienza" al dissidente russo Aleksej Naval'nyj nel febbraio 2021, a causa dei commenti che aveva fatto contro i migranti e altri come i ceceni 14 anni prima, che Amnesty International ha considerato come "incitamento all'odio". In seguito lo status è stato restituito, viste le parole di scusa che Naval'nyj aveva pronunciato anni dopo e il mutamento delle sue posizioni politiche.[5][6][7]

Note

  1. ^ Amnesty International - The Nobel Peace Prize 1977, su nobelprize.org, 1977.
  2. ^ The history of Amnesty International, su amnesty.org, 2007.
  3. ^ Peter Benenson, "The Forgotten Prisoners", The Observer, 28 maggio 1961.
  4. ^ Chiarimento su Aleksei Navalny e la definizione di prigioniero di coscienza, su amnesty.it, Amnesty International, 26 febbraio 2021.
  5. ^ (EN) Amnesty International statement on Aleksei Navalny, su amnesty.org, Amnesty International. URL consultato il 28 febbraio 2021.
  6. ^ (EN) Amnesty strips Alexei Navalny of 'prisoner of conscience' status, su bbc.co.uk, BBC News. URL consultato il 28 febbraio 2021.
  7. ^ (EN) Supporters quit Amnesty International over 'betrayal' of Alexei Navalny, in The Times. URL consultato il 28 febbraio 2021.

Voci correlate