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Parla con lei (Hable con ella) è un film del 2002 scritto e diretto da Pedro Almodóvar. Il film si è aggiudicato l'Oscar alla miglior sceneggiatura originale, il Golden Globe per il miglior film straniero e il BAFTA al miglior film.[1]
Durante uno spettacolo teatrale di Pina Bausch, in platea, seduti vicini per caso, si trovano Marco, uno scrittore argentino che si commuove durante l'esibizione, e Benigno, un giovane infermiere fortemente colpito dalla sensibilità del suo vicino di posto. Nelle settimane successive Marco conosce Lydia, una famosa torera e se ne innamora. Mesi dopo i due uomini si incontrano di nuovo a El Bosque, la clinica dove Benigno lavora, perché Lydia è caduta in coma per un grave incidente durante la corrida. Benigno, invece, si occupa di Alicia, una giovane studentessa di danza anch'essa in coma da anni. Fra i due uomini nasce un'intensa amicizia.
Nel periodo del ricovero, Marco scopre che Lydia voleva lasciarlo la sera dell'incidente per tornare con il suo ex, il torero Niño de Valencia, e amareggiato decide di ricominciare a girare il mondo scrivendo guide turistiche. Quindi, leggendo un giornale, scoprirà che Lydia è morta e che Benigno viene licenziato per aver violentato Alicia, la quale, in seguito alla gravidanza, torna alla vita. Benigno, in carcere, rimane all'oscuro della rinascita della sua amata e assume un cocktail di farmaci per entrare in coma come Alicia, ma l'intruglio gli risulta fatale. Marco, ritornato in Spagna va a vivere nell'appartamento di Benigno, incontrando poi Alicia convalescente a uno spettacolo teatrale.
Il cameo più evidente del film è l'interpretazione di Caetano Veloso, cantante di Cucurrucucú paloma. La scena è stata girata nella villa di Pedro Almodóvar, con le comparse formate dagli amici del regista. Altro spazio alla musica, fuori dalla colonna sonora di Alberto Iglesias, lo dà a Antônio Carlos Jobim con Por Toda Minha Vida e al maestro Henry Purcell con l'aria O Let Me Weep, For Ever Weep dall'opera The Fairy Queen.
Altri due camei che si rifanno al regista anticlericale e libertario sono quelli delle battute sui missionari che violentano le suore, forse inserito per ridurre la colpa di Benigno, e il breve monologo in cui Benigno spiega alla collega di aver detto al padre di Alicia, che svolge la professione di psichiatra, di avere tendenze omosessuali, mentendo, e rivendicando per ognuno il diritto alle scelte sui propri orientamenti sessuali e di mantenerli per sé o di manifestarli a propria scelta.
Interessante il minifilm muto in bianco e nero che descrive un uomo che assume un farmaco sperimentale che lo fa diventare sempre più piccolo, e presenta più chiavi di lettura nel finale in cui Benigno sceglie di entrare nella vagina della sua donna per non uscirne mai più. Una storia simile è presente nel libro di Charles Bukowski intitolato Storie di ordinaria follia.
Il film è stato accolto molto bene dalla critica specializzata. Su MYmovies.it, il critico Pino Farinotti loda il fatto che "il regista si lascia andare in una storia umano-melò-grottesca a suo modo perfetta. Estremizzazioni che solo Pedro può farsi perdonare"[2], così come Lucia Brandoli che su The Vision apprezza che "il regista mette in scena un cinema solo in apparenza realistico, invitandoci invece a una maestosa sospensione di incredulità"[3]. Anche Simone Emiliani su Sentieri Selvaggi, in occasione dell'uscita del film in versione restaurata, scrive che il film è "un acceso, fiammeggiante mélo, tra amore e morte con echi di Sirk e Fassbinder in cui si contaminano le diverse forme d’arte come in un’opera d’arte totale"[4].
Controllo di autorità | VIAF (EN) 316752011 · GND (DE) 4733557-9 · BNF (FR) cb16190173h (data) · J9U (EN, HE) 987007590963505171 |
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